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LA MISURAZIONE DELLE LESIONI CUTANEE: LE TENDENZE NELLA PRATICA CLINICA


LA MISURAZIONE DELLE LESIONI CUTANEE: LE TENDENZE NELLA PRATICA CLINICA


Il gruppo statunitense, mente alla base di questo articolo e forte dell’assenza pressochè totale di studi simili nello stesso campo, ha voluto porre l’attenzione su quando, e soprattutto quanto, sia giusto introdurre nella pratica clinica corrente, in questo specifico caso in campo dermatologico e dermo-chirurgico, il concetto di “misurazione delle lesioni cutanee”.


Conoscere con esattezza le dimensioni di una lesione cutanea può essere di grande aiuto nel determinare la progressione della stessa, impostare la scelta terapeutica, determinare la prognosi, pianificare la procedura chirurgica più idonea e, non ultimo, dare un corretto valore alla propria prestazione.


Partendo da questi capisaldi, la coppia di autori, entrambi afferenti allo stesso dipartimento di dermatologia, ha impostato un sondaggio on-line coinvolgendo la totalità dei membri dell’American Society of Dermatological Surgery (anno 2016). E’ stato posto loro un questionario che mirasse a determinare quanti utilizzassero strumenti di misurazione cutanea nella pratica quotidiana, in che situazioni (malignità accertata o da accertare di vario grado, lesioni vascolari in possibile evoluzione etc…) nonché chi fosse il responsabile dell’acquisizione dei dati e quanto ritenessero importante il valore riscontrato. Il test veniva altresì corredato da domande di carattere generale quali gli anni di esperienza clinica, l’eventuale collaborazione all’interno di un gruppo di ricerca fino ad arrivare ad un autogiudizio circa le proprie capacità di misurazione “ad occhio”.


426 dermatologi (sul totale di 5992 membri della Società Scientifica) hanno portato a termine il sondaggio portando alle seguenti conclusioni. Circa il 75% dei medici contattati ha risposto che la misurazione delle lesioni è parte della quotidianità, il restante quarto degli intervistati ha confessato di eseguirla solo alcune volte e solo una percentuale trascurabile ha ritenuto il dato come non significativo nelle proprie scelte terapeutiche.


La percentuale di colleghi che dichiarano di eseguire correntemente misurazioni accurate sale all’85% se si presenta il sospetto di lesione maligna, mentre precipita all’8% se la lesione si dimostra palesemente benigna all’esame obiettivo dermatologico.


La quasi totalità (416 dermatologi) esegue personalmente le misurazioni avvalendosi di strumenti manuali come righelli o calibri cutanei e quasi il 60% di essi ritiene che tale dato debba essere il più vicino al vero possibile. La restante parte concorda con la possibilità di uno scarto approssimativo nell’ordine di 1 o 2mm.   


Dati sovrapponibili si sono ottenuti anche nei confronti delle affezioni richiedenti approccio operatorio attraverso la tecnica chirurgica di Mohs o in distretti ad elevato impatto estetico, nonché in relazione a quanto citato prima circa i rimborsi assicurativi dei pazienti.


In conclusione, si è potuto ridurre a tre le circostanze in cui la misurazione quanto più esatta possibile ha messo d’accordo la totalità dei partecipanti al sondaggio; in primo luogo il monitoraggio a medio e lungo termine delle lesioni pigmentate a possibile evolutività. In secondo luogo quando si ritiene necessaria un’escissione chirurgica, sia essa in distretti difficili o attraverso la microchirurgia di Mohs. In ultimo, quando le assicurazioni richiedono precisione millimetrica, nel vero senso del termine, nel rimborso della prestazione.


Appare così sempre più chiaro come esistano anche difficoltà oggettive nell’acquisizione dei dati poiché trattandosi di cute non si parla di una superficie regolare o non soggetta a cambiamento nel tempo e si delinea sempre più la necessità di sviluppare apparecchiature che possano valutare anche la profondità e non solo la bidimensionalità di superficie.


Credo che questo studio, consci delle limitazioni come il campione ridotto e l’omogeneità degli intervistati, possa gettare le basi per futuri interrogativi anche in altre discipline al di fuori della dermatologia ed espandersi a livello globale.



Autore del contributo di commento:

Riccardo Lazzari - Collaboratore Scientifico Agorà 

 

 ABSTRACT ARTICOLO ORIGINALE

OGGETTO DEL CONTRIBUTO DI COMMENTO


Dermatol Surg.

 2018 Mar;44(3):383-387.

doi: 10.1097/DSS.0000000000001309


Measuring Cutaneus Lesions: Trends in Clinical Practice

Zhang S, Blalock TW.



BACKGROUND: Knowing the size of a cutaneous lesion can be important for tracking its progression over time, selecting the proper treatment modality, surgical planning, determining prognosis, and accurate billing. However, providers vary in their consistency, accuracy, and methods of measuring cutaneous lesions.



OBJECTIVE: To investigate the clinical practices of US dermatologists and dermatologic surgeons regarding how they determine the size of cutaneous lesions.



MATERIALS AND METHODS: A survey was electronically distributed to members of the American Society for Dermatologic Surgery.



RESULTS: Four hundred twenty-six dermatologists completed the online survey. When a lesion is suspected to be malignant, 85% of respondents obtained exact measurements most, if not all, of the time; however, only 8% did for benign lesions. Most providers determined lesion sizes themselves rather than delegating to staff. When performing visual estimation, approximately three-quarters believed that they were accurate to within 1 to 2 mm. The top reasons for obtaining exact measurements were for tracking atypical pigmented lesions, determining treatment pathways, and accurate billing.



CONCLUSION: The majority of respondents believed that lesion size affected management decisions; however, the need for exact measurement remains controversial, particularly for benign lesions. Future studies may investigate whether taking exact versus estimated measurements has an effect on outcomes.


 

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